CORNO NERO m 2439 – GRUPPO LATEMAR

Attività:

Trekking

  • Difficoltá
    Medio
  • Durata:
    2 ore
  • Lunghezza
    4.7 km
  • Dislivello
    160 m
  • Altitudine Massima
    1991m slm

Breve ma superpanoramica escursione a Passo Oclini

Un’escursione invernale sul Corno Nero m 2439. Viste le previsioni che davano freddo polare con venti forti, abbiamo scelto un “giro da pensionati”, che invece si è poi rivelato bellissimo ed entusiasmante ma più complicato del previsto per via della neve. Bellissimo giro da fare anche in estate e primavera!

Corno Nero m 2349 e Corno Bianco m 2317

Il Corno Nero svetta, assieme al Corno Bianco, sopra al Passo Oclini. E’ una cima isolata ed offre uno spettacolare panorama a 360 gradi su tutta la zona: Catena del Lagorai fino alle Pale di S. Martino e al Pelmo, Latemar e Catinaccio, Cime di Vigo – Catena della Mendola e tutte le montagne che si perdono a vista d’occhio verso nord, Sciliar, la conca di Bolzano col Renon e i Monti Sarentini eccetera.

Corno Nero e Corno Bianco prendono il nome dal colore delle rocce: di dolomia quelle del Corno Bianco, di quarzi porfirici il Corno Nero. Entrambe le cime possono essere salite senza difficoltà in estate, in inverno l’ascesa diventa più impegnativa. Al di sotto del Corno Bianco si apre la grandiosa voragine del Canyon di Bletterbach (Canyon di Redagno).

Percorso escursione

Dalla Val di Fiemme saliamo al Passo di Lavazè, dove pigliamo un caffè all’albergo Bucaneve. Fuori dal bar diamo un’occhiata al termometro e ci guardiamo in faccia: -11°! Però non c’è vento, e questo ci rincuora. Proseguiamo in auto fino al Passo Oclini m 2000 e parcheggiamo nel piazzale dell’Albergo Schwarzhorn. Giornata spettacolare, non una nuvola, ci sono 30 cm di neve fresca e il paesaggio è a dir poco fiabesco. Iniziamo una laboriosa vestizione, tipo palombaro, e partiamo.

C’è una leggerissima brezzolina che morde le orecchie e le mani, ma basta coprirsi ed è tutto ok. Non siamo mai saliti sul Corno Nero: osservando la carta ci sono alcuni sentieri, però praticamente di nessun aiuto o quasi visto lo spessore del manto di circa 40 cm che ovviamente complica tutta la situazione. La via più semplice sarebbe di prendere l’erta dorsale sopra la pista di sci, sul versante nord.

Ma amiamo la vita comoda noi? Giammai. L’idea è quindi di andare a prendere la dorsale est e scendere da quella ovest. Cerchiamo di prendere il sentiero 573 che dai pressi dell’Hotel Schwarzhorn si inoltra vero sudest attraversando la mugaia ingombra di neve e altrimenti inattraversabile. All’inizio tutto bene, c’è una stradella ampia, probabilmente la pista da fondo, non ancora battuta. Riparati dalla brezza fa subito un caldo bestia perché siamo stravestiti. Arrivati nei pressi di un piccolo bacino artificiale il sentiero si perde sotto la neve.

Dobbiamo procedere “a panza” tra i mughi, la marcia diventa subito faticosa e complicatissima. Per fortuna ritroviamo il sentiero poco dopo e riusciamo a seguirlo abbastanza bene. Arrivati alla prima dorsale di nord est ci affacciamo sul grande canalone che scende dalla cima. L’attraversamento appare lungo e rognoso, decidiamo perciò di risalire direttamente per il canalone.

La pendenza è notevole, non possiamo andare direttamente sulla dorsale perché invasa dai maledetti mughi. Ci teniamo quindi a ridosso, cercando di sfruttare le zone sventate dove si sprofonda meno, ma appena si arriva in qualche avvallamento si va giù fino alla coscia. Il sole è basso e il canalone è in ombra, il freddo si fa pungente ma non così drammatico. Saliamo faticosamente, è molto ripido e bisogna stare un po’ attenti a non scivolare.

Dopo una lunga e impegnativa “ravanata” tra roccette, sassaie, mughi, sprofondamenti ed erba scivolosa sotto la neve, arriviamo finalmente al di sopra della fascia di mughi e con traverso raggiungiamo la dorsale che si presenta, come previsto, sventata e con neve dura e ghiacciata.

In questo punto c’è un po’ di vento e fa subito un freddo notevole. Tiriamo fuori i ramponi, io ho quelli stramaledetti coi lacci ed è un tormento metterli col gelo (e poi non mi ricordo mai come si allacciano!). Ripartiamo. Ritroviamo tracce di sentiero qua e là (tracciato coi segni rossi ma inesistente sulla carta Kompass), la dorsale ora è abbastanza comoda, non troppo ripida e abbastanza ampia da salire tranquillamente, basta stare attenti a non inciampare nelle roccette, perché a destra e sinistra ci sono ripidissimi valloni.

Vediamo la cima con la grande croce in legno, percorriamo l’ultimo tratto di dorsale con una forcellatta finalmente siamo in vetta! Strepitoso e grandioso il panorama a 360 gradi, da restare davvero senza fiato. La cima è ampia e pianeggiante, fa decisamente freddo ma per fortuna non c’è praticamente vento, quindi si resiste abbastanza bene: facciamo foto e ci rifocilliamo, ci godiamo il fantastico panorama.

La discesa per la dorsale nord

Ora dobbiamo scendere. Diamo una rapida occhiata al versante con la dorsale ovest verso il Palone m 2350. Sembra fattibile anche se ci sono dei bei costoni molto ripidi a precipizio. Però consideriamo che scendendo dalla dorsale del Palone allungheremmo parecchio il percorso e soprattutto dovremmo affrontare un lungo rientro col sentiero n 4, ammesso di trovarlo sotto la neve, traversando una vasta e quasi sicuramente ostica mugaia.

Decidiamo quindi di provare a scendere dalla dorsale nord: caliamo con prudenza, la dorsale si restringe e diventa un crinale un po’ rognoso di sassi e neve sventata, che a un certo punto ha un passaggio abbastanza ripido. Coi ramponi il rischio è sempre quello di inciampare e magari darsi una bella ramponata in un polpaccio. Caliamo con attenzione, senza tuttavia particolari problemi. Superato il punto più ripido, la dorsale si fa più dolce e finalmente arriviamo nei pressi della stazione di arrivo dell’impianto di sci.

Scendiamo quindi lungo la facile pista in 30 cm di neve fresca fino al Passo Oclini. Nota: non abbiamo incontrato nessuno! Concludendo: bellissima salita, abbastanza corta (440 mt di dislivello), ultrapanoramica. Da valutare bene la situazione neve, assai consigliabili i ramponi. Sconsigliate invece, con l’innevamento attuale, le ciaspole: troppo ripido e troppi sassi affioranti.

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